letteratura

Frankenstein di Mary Shelley – Kenneth Branagh, fine

DIFFERENZE E SOMIGLIANZE

Come accennato prima, è normale che il regista di un film scelga di interpretare in modo diverso delle scene, adattandole ad un media visivo, e di accorciare leggermente la trama, eliminando alcuni personaggi “secondari” come il secondo fratello di Victor, Ernest, o tralasciando alcuni dettagli: la madre di Victor nel romanzo muore di scarlattina e non di parto; Robert Walton, al Polo Nord, incontra prima Victor Frankenstein, mentre nel romanzo vede prima il mostro; Enrico Clerval è descritto come un amico d’infanzia, ma nel film incontra Victor solo all’università di Ingolstadt.

Un dettaglio tralascato, che però mi ha delusa un po’, è stato il personaggio di Safie. In generale, una delle mie scene preferite del libro è stata trattata con un po’ di superficialità del film, cioè il momento in cui la Creatura entra nel mondo della famiglia di contadini (una famiglia in esilio dal passato complesso, una storia nella storia), per cui prova molta compassione e decide di aiutare e da cui riceve insegnamenti di vita e di lettura. Il mostro, infatti, impara e leggere e scrivere perché Felix insegna la sua lingua a Safie, una ragazza araba. Nel film questo personaggio non esiste, ma lo trovo importante proprio perché simboleggia l’accoglienza di un’altra cultura nella propria casa, ciò che fa soffrire maggiormente il mostro, che non ha trovato la stessa comprensione nei propri confronti.

Un altro errore abbastanza importante riguarda la richiesta del mostro a Victor di costruire una donna per lui, perché sentendosi solo ed abbandonato, sente il bisogno di una moglie. Tutta la vicenda risulta un po’ confusa nel film, perché il dottor Frankenstein in realtà crea un mostro da parti di cadaveri e lo distrugge a metà dell’opera, mentre nel film – forse per aggiungere drammaticità – utilizza i corpi della moglie Elizabeth e di Justin Moritz, entrambe morte a causa delle azioni di Victor e della vendetta della Creatura. Si tralascia inoltre nel film, il viaggio di Victor in Scozia e il periodo di detenzione.

Ciò che ho apprezzato molto nell’interpretazione di Branagh è stato il modo in cui ha trattato il rapporto tra Victor e il Mostro, sottolineando la dipendenza di uno dall’altro, come tra padre e figlio, come tra uomo e demone. Si mette molto in evidenza la necessità di affetto della Creatura, che capisce, quando inizia a leggere il diario del dottor Frankenstein, di non aver avuto gli insegnamenti che un padre dovrebbe impartire al figlio, creando confusione tra i suoi sentimenti e facendolo così diventare davvero un mostro.

Anche il tema della solitudine è affrontato bene: la solitudine della creatura, sia fisica che morale, la solitudine di Victor che si ritrova con una famiglia sterminata, rendendosi conto che la causa di tutto è stata proprio la sua bramosia e la sua ossessione utopistica di creare nuova vita. Ma, una volta creata, ne è fuggito, pensando che un mostro non potesse avere sentimenti o pensieri, ed è stato questo l’errore che ha portato un essere bisognosa di comprensione a diventare un assassino. Eppure, nonostante l’apparente odio per la famiglia Frankenstein, il mostro piange sulla tomba di Victor, sulla morte del suo padre

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